28 luglio 2006

Brutta dentro

Già non ero un fiore prima di questa nuova "impervietà", già non sprizzavo gioia e risate ma... adesso sono proprio brutta, brutta dentro.
Se non sono su Cub, sono sul sito di qualche azienda ospedaliera, e se non sono on line sono acida e di cattivo umore.
Mi correggo: più acida e di umore ancora pessimo. Non piango, ma ho spesso gli occhi lucidi e l'aria un pò tesa di chi cerca di dominarsi, a stento.
Non mi piaccio, così. Ma una cosa é averne consapevolezza, un'altra attuare un cambiamento....

Sono stanca di tutto: ieri ipotizzavo di chiedere un anno di aspettativa, cercarmi un lavoro qualsiasi a barcellona e trasferirmi là. Da sola. Senza lasciare recapiti, a nessuno.
Insomma, un delirio.

Sono anche arcistufa di questo blog triste e lamentevole, di questa aria a mezzo lutto...
Ma per cambiare ci vuole forza e io adesso non ne ho a sufficienza.
Già che non scivolo nell'autocommiserazione folle: mi concedo solo qualche minuto al giorno.
Già che non sono ripiombata nei meandri della depressione: oddio, non che la bastarda non tenti di agguantarmi... il sonno spezzato in mille punti, i risvegli irrequieti, la mancanza di progettualità... sono tutti sintomi già visti, già noti... ma nulla rispetto a certi altri momenti, in cui nuotavo in acque molto più scure.

Sono sola su questa strada e non é una novità.

Lapsus...lazzulo

Location I: esterno ufficio cartelle cliniche.
WinterSea a se stessa: "Mi raccomando, allo sportello quando ti domandano in quale reparto sei stata ricoverata devi rispondere Ginecologia".

Location II: corridoio ufficio cartelle cliniche
Wintersea mantreggia inside, molto inside: Ginecologia, Ginecologia, Ginecologia, Ginecologia, Ginecologia....

Location III: al cospetto dell'impiegata, ufficio cartelle cliniche.
Imp.: "In che reparto é stata ricoverata?"
Win.: "Ostetricia!"

Ingenuità

Va bene che siamo nel "cuore dell'emiliarossa" ma... credevi davvero che ti avrebbero rilasciato la tua cartella clinica seduta stante?
Nel caso la risposta al quesito sia - malauguratamente - un sì, scatta automaticamente il Consiglio:

ti decidi ad uscire dalla cesta delle oche?

24 luglio 2006

Capita, a volte

Ci sono cose che capìtano. A volte.
Come credere di entrare in ospedale per un intervento di routine e svegliarsi dall'anestesia con la notizia di essere stata privata di una buona parte di sé e di avere una malattia cronica.

Ci sono cose che capìtano. A volte.
Lui che, nelle nebbie post-anestetiche ti sussurra "Pensa a riprenderti, che poi facciamo una Giulia"... e il blu di metilene che non é "passato", é solo un dettaglio di second'ordine. Per ora.

Ci sono cose che capìtano. A volte.
Per esempio, una convalenscenza drogata fra romanzi e pranzi da preparare, passata a darsi intendere "quanto io sia stata fortunata, ad andare ora al controllo e non a settembre...che chissà che macello, allora...", a auto-ingannarsi "Beh, se adesso le inquiline sono state asportate... Giulia potrebbe anche arrivare..." [sì, se la porta Babbo Natale alla vigilia e la lascia sotto l'albero in mezzo agli altri pacchi...].

Ci sono cose che capìtano. Purtroppo.
Come la consapevolezza che Giulia, da sola, non arriverà... che questa malattia che ha un nome (endometriosi) e, per me e per tante anche un cognome (IV stadio, altrimenti detta severa), associata ad una tuba occlusa [eccolo, il blu di metilene protagonista] non mi permette di essere "mamma con la pancia" se non attraverso tecniche di fecondazione in vitro.

Capita che questa consapevolezza ti colpisca come uno schiaffo quasi 45 giorni dopo l'intervento.

Cose che capìtano. A ppunto.